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Se la libertà non è un valore
di Anna Bono

La più compiuta e consapevole affermazione d’intenti in favore della valorizzazione e della tutela della persona è la Risoluzione 217 A(III) approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948 e meglio nota come Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
La qualità della condizione umana dipende innanzi tutto dal grado di applicazione dei valori in essa enunciati.
L’adesione ai contenuti della Dichiarazione comporta infatti che ogni forma di violenza, di discriminazione e di limitazione della libertà individuale sia bandita, riprovata e sanzionabile.
Ma dove il concetto di persona non è stato elaborato, i diritti elencati nella Dichiarazione sono invece considerati minacce al tradizionale funzionamento della vita sociale, illecite alterazioni di un ordine che deve essere mantenuto per salvaguardare la comunità, anche a costo di sacrificare gli individui che la compongono. Quindi le norme e le consuetudini, vale a dire le istituzioni che definiscono e regolano i rapporti e i comportamenti sociali, politici ed economici, sono concepite per garantire che ciò accada. Le difficili, spesso terribilmente dolorose condizioni di vita di centinaia di milioni di donne derivano proprio da tali istituzioni. Questo vuol dire che sono non le deplorate conseguenze di comportamenti arbitrari, devianti, illeciti e immorali per prevenire e reprimere i quali delle autorità politiche, religiose e sociali si battono ogni giorno; bensì gli effetti, previsti e perseguiti, di azioni prescritte e doverose, dunque lodevoli e perfettamente legittime, compiute da persone che, proprio per questo, meritano stima e fiducia e godono di buona reputazione.
Si capisce quanto sia difficile considerare "istituzioni" e non "trasgressioni" certe pratiche e certo non aiuta il linguaggio involontariamente improprio con cui le descriviamo. Usiamo infatti espressioni dalla valenza negativa come "discriminazione" sessuale, per indicare ad esempio le diverse opportunità di accesso alle cure mediche o all’educazione scolastica riservate ai figli maschi e femmine, oppure "delitti" d’onore, per definire le punizioni inflitte dai genitori alle figlie accusate di disobbedienza e atti impuri. Invece, nei contesti sociali in cui si praticano, sono comportamenti sollecitati ed esemplari che denotano dedizione alla famiglia e volontà di far bene. Di "discriminazione" si può parlare all’interno di un gruppo di pari ai quali si devono attribuire gli stessi diritti, ma maschi e femmine non si ritengono pari: non è necessario trattarli allo stesso modo e anzi farlo significherebbe mettere in pericolo i valori in cui tutti credono; e "delitto" è caso mai il comportamento delle figlie ribelli che i genitori uccidono per salvare, come è loro dovere, il proprio onore e quello degli altri congiunti.
Prima di illustrare alcune delle istituzioni dalle quali dipende la sorte delle donne che vivono oltre i confini della civiltà occidentale, va evidenziato che quasi tutte le norme e le tradizioni definibili discriminazioni, limitazioni della libertà e violazioni dell’integrità fisica e morale in base alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo riguardano l’istituzione familiare e l’ambito domestico e ad agire sono i parenti delle vittime: genitori, fratelli e zii, fino al momento del matrimonio, e poi il marito, i figli maschi e i loro familiari.
È bene rimarcare, inoltre, che per quanto ai nostri occhi appaiano irrazionali e assurde, oltre che incapaci di soddisfare i bisogni umani universali, sono istituzioni effettivamente funzionali al mantenimento di società arcaiche patriarcali e di economie di sussistenza e rapina che hanno il loro fulcro nel controllo delle facoltà procreative femminili. Matrimonio forzato e infantile, prezzo della sposa, dote, poliginia, mutilazioni genitali femminili, harem, velo, punizioni fisiche, omicidio d’onore, ripudio… tutte queste istituzioni, e altre ancora, contribuiscono a far si che le donne siano, dalla nascita alla morte, a disposizione di chi le possiede e che in ogni momento della loro vita si sottomettano alla sua volontà.
Ciò che distingue l’Occidente cristiano dal resto del mondo non è quindi un diverso grado di realizzazione di valori peraltro condivisi. Gli ideali a cui tendono le società arcaiche non sono quelli che hanno ispirato la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo.
Inoltre dove non si riconoscono diritti naturali e il concetto stesso di "persona" non è formulato, i fondamentali bisogni umani sono generalmente insoddisfatti: per quanto siano le donne – e i minori di entrambi i sessi – a soffrire di più in simili contesti, in realtà nessuno è libero, neanche gli uomini.
Infine, al contrario di quanto può sembrare, discriminazioni, violenze, gravi limitazioni della libertà sono causa e non effetto della povertà.