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Diritti naturali: una rivoluzione antropologica
di Anna Bono

Un presupposto femminista è che esista uno specifico femminile che accomuna le donne di tutti i tempi e di ogni paese e che si possa parlare di "condizione della donna" al di là di qualsiasi differenza culturale, sociale, economica, religiosa…
Questo presupposto non è vero o non lo è più da quando una civiltà – l’Occidente cristiano – ha trasformato le donne in persone.
Formulando il concetto di "persona", l’Occidente riconosce infatti a ogni essere umano, anche di genere femminile, dei diritti naturali, vale a dire inerenti alla condizione umana, quindi inalienabili e universali, e realizza così una rivoluzione antropologica di cui noi siamo i fortunatissimi eredi.
Ha scritto Murray N. Rothbard, uno dei più noti filosofi libertari: "La gloria della razza umana è l’unicità di ogni individuo, il fatto che ogni persona, quantunque simile a ciascun’altra per molti aspetti, possiede una propria personalità ben individuata. È il fatto dell’unicità di ogni persona, il fatto che non esistono due persone pienamente intercambiabili che rende ogni uomo insostituibile e che rende importante se egli vive o muore, se è felice o se è oppresso. E, infine, è il fatto che queste personalità uniche hanno bisogno della libertà per il loro pieno sviluppo che costituisce uno dei maggiori argomenti a favore di una società libera" (Freedom, Inequality, Primitivism and the Division of Labor, Institute for Human Studies, Menlo Park, 1971, p.3).
Per la maggior parte di coloro che si sono formati nella tradizione di pensiero occidentale l’individualità è un valore che va difeso e rispettato nell’interesse del singolo e della società e la libertà è un bisogno fondamentale.
Altrove, nel mondo, le parole di Rothbard risultano invece incomprensibili e persino blasfeme, estranee e minacciose. Dove non si è realizzata la rivoluzione antropologica occidentale, l’individuo conta soltanto in quanto componente di un gruppo umano e non si concepisce che possa far parte di una comunità diversa da quella di nascita. Ai bambini si insegna a temere gli estranei, a evitarli, addirittura a non considerarli umani; e ad essere fedeli, ad oltranza, solo ai propri familiari, non essendovi possibilità di sopravvivenza senza di essi. Così la loro identità si forma nella dipendenza da un gruppo di riferimento impermeabile e insostituibile.
Inoltre i diritti di ciascuno sono determinati dalla posizione sociale che gli viene assegnata, e imposta, in base a fattori prevalentemente indipendenti dalla sua volontà e dalle sue capacità e quindi ascritti: il sesso, la famiglia d’appartenenza, l’ordine di nascita rispetto ai fratelli, l’età.
Un’altra citazione ci aiuta a capire che cosa significa.
"…ognuno è ciò che riesce a diventare. Gli orizzonti sono aperti, le opportunità sono illimitate e la realizzazione di esse dipende dall’energia, dal rigore e dalla perseveranza dell’individuo; in sostanza, dalle sue capacità e dalla sua voglia di lavorare. " (Samuel P. Huntington, La nuova America, Garzanti, 2005, p.88).
Di nuovo, come nel caso del brano precedente, i concetti espressi da Huntington sono privi di significato per chi non partecipa della rivoluzione antropologica che afferma la centralità della persona umana oppure suonano come una sfida, un pericolo all’ordinato e giusto andamento dell’esistenza. La possibilità di decidere di sé e da sé – in "orizzonti aperti" e con "illimitate opportunità" – è esattamente ciò che l’ascrittività degli status si propone di impedire.
Nella formulazione occidentale, quindi, "libertà" significa prima di tutto affrancamento dall’appartenenza ascritta e indissolubile alla comunità originaria e dagli status ascritti che prescrivono il destino di ogni individuo, i suoi diritti e i suoi doveri, dalla nascita alla morte. L’individuo divenuto "persona" si vuole che sia indipendente, padrone di sé, pari a ogni altro essere umano per dignità e diritti, libero di cambiare se stesso e il mondo, di difendere le proprie scelte, di realizzarsi al meglio delle proprie capacità, di occupare gli status che, a prescindere dalle sue condizioni sociali d’origine, le sue risorse fisiche, intellettuali e morali gli consentono di raggiungere e che può decidere di accettare o rifiutare in funzione dei propri progetti e delle proprie aspettative.
Diversi fattori hanno contribuito alla realizzazione di questa rivoluzione antropologica: due di essi hanno svolto un ruolo determinante nel produrla.